Milano, 28 marzo 2017 - 08:37

Alatri, per la morte di Emanuele, fermati due fratelli: uno era stato
scarcerato il giorno del delitto

Nascosti a Roma temevano ritorsioni. Altri cinque indagati, uno è latitante. Castagnacci era stato arrestato giovedì 23 con alcune dosi di droga ma la mattina dopo, al termine della direttissima, era tornato in libertà

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Li hanno scovati a casa di una cugina a Boccea, alla periferia di Roma. Si nascondevano più che dai carabinieri dalla furia di chi ora vuole vendicare Emanuele. Mario Castagnacci e Paolo Palmisani, 27 e 24 anni, fratellastri, sono i primi due a finire in carcere per la sua morte. L’accusa per loro è di omicidio volontario. Mario, già pregiudicato per droga, la sera prima del delitto era stato fermato di nuovo dalle forze dell’ordine a Roma con tre amici: avevano dosi di droga. Ma il mattino successivo erano stati rilasciati.

Operazione al Pigneto

Castagnacci era stato fermato il 23 marzo nel corso di un’operazione antidroga al Pigneto. Il pm aveva sollecitato l’obbligo di firma, ma il giudice il giorno successivo, al termine della direttissima, l’aveva scarcerato rigettando la richiesta dell’accusa. Il blitz era scattato a seguito di un’attività informativa da parte dei carabinieri della compagnia San Pietro. Era stato perquisito un appartamento nel popolare rione dove Castagnacci si trovava con altre tre persone - due uomini e una donna - ed erano stati sequestrati 43 grammi di hashish, 6 di marijuana e 7,5 di cocaina divisi in quattro involucri. Il maggiore quantitativo i carabinieri lo avevano trovato indosso a Castagnacci e nella sua stanza, circa 40 grammi di hashish. Il giudice convalidando l’arresto di Castagnacci e degli altri tre aveva rilevato: «Tutti gli imputati sono stati trovati all’interno di un’abitazione ove erano detenute le diverse sostanze stupefacenti sequestrate. Sempre nell’abitazione vi erano strumenti utili al confezionamento delle dosi e appunti che potevano verosimilmente ritenersi riconducibili alla tenuta contabilità con i clienti». Su Castagnacci inoltre il magistrato aveva precisato che «aveva in tasca ulteriore sostanza stupefacente» e che nella sua stanza «era detenuta gran parte della sostanza».

In attesa dell’udienza

Ora, quattro giorni dopo la morte di Emanuele, Mario assieme a Paolo, è tornato in carcere. Il pm romano Stefano Rocco Fava ritiene i due fratellastri responsabili «di una violenza feroce». Inoltre, se lasciati liberi, «possono cercare di influire sulla genuinità delle dichiarazioni che verranno rese da chi è a conoscenza dei fatti». Sì, perché come ha sottolineato ieri il procuratore capo di Frosinone Giuseppe De Falco, racconti contraddittori e omertà sono le caratteristiche di questa vicenda, nella quale adesso irrompe anche la guerra fra clan: minacce e avvertimenti ai parenti degli arrestati e ai cinque indagati per ora solo per rissa — uno, assistito dall’avvocato Giampiero Vellucci, è tuttora latitante —, con auto incendiate, insulti in piazza al padre di Castagnacci (indagato anche lui), spedizioni negli studi legali. La famiglia Palmisani è fuggita.

«Omertà»

Su Facebook, sui profili aperti in memoria di Emanuele Morganti, spuntano frasi come «Impiccateli in piazza», «Non c’è solo la giustizia dei tribunali, ce n’è anche un’altra». In questo clima incandescente, ieri sera a Tecchiena Castello, la comitiva del ragazzo ucciso ha organizzato una fiaccolata dal bar dell’amico Gianmarco Ceccani, fino alla chiesa della frazione di Alatri. Chi indaga ammette che «per scoprire il vero movente del delitto ci vorrà tempo», ma dai verbali dei testimoni, che la Procura di Frosinone ha inviato a quella romana, emerge che Emanuele, portato di peso fuori dalla discoteca da quattro buttafuori (Manuel Capoccetta, Michael Ciotoli, Damiano Bruno e l’albanese Xhemal Pjetri), che potrebbero aver avuto un ruolo nel pestaggio, avrebbe perso i sensi dopo aver sbattuto la testa sul montante posteriore di un’auto parcheggiata fuori dal Mirò, una Skoda blu, dopo essere stato aggredito almeno tre volte, con un manganello con la scritta «Boia chi molla» e una chiave per sbullonare le ruote. A sferrare il pugno letale alla testa di Emanuele sarebbe stato Castagnacci, ma anche Palmisani aveva dato cazzotti al ragazzo che, prima di cadere, avrebbe cercato di difendersi. Sarà l’autopsia, svolta nella tarda serata di ieri a Roma, ad accertare quali lesioni abbiano provocato la morte. Poi potrebbero scattare altri arresti.

Clima teso in paese

La famiglia Palmisani è fuggita. Su Facebook, sui profili aperti in memoria di Emanuele Morganti, spuntano frasi come «Impiccateli in piazza», «Non c’è solo la giustizia dei tribunali, ce n’è anche un’altra». In questo clima incandescente, ieri sera a Tecchiena Castello, la comitiva del ragazzo ucciso ha organizzato una fiaccolata dal bar dell’amico Gianmarco Ceccani, fino alla chiesa della frazione di Alatri. Stasera, invece, una marcia silenziosa sempre in memoria di Emanuele.

Verifiche sulla discoteca

Anche se non ha responsabilità dirette nel pestaggio, il Mirò è finito nel mirino degli inquirenti. Il procuratore annuncia che la discoteca, che è stata sequestrata, sarà sottoposta ad accertamenti. Locali del genere infatti «rischiano di ospitare un numero altissimo di persone» e questa è una «circostanza di per sé pericolosa». Il prefetto, Emilia Zarrilli, ha anticipato che nei confronti della discoteca ci potrebbero essere «provvedimenti amministrativi», mentre il Comitato per l’ordine e la sicurezza ha deciso di aumentare i controlli su tutti i luoghi di aggregazione di Alatri frequentati dai giovani.

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