Milano, 27 febbraio 2017 - 10:17

Dj Fabo è morto in Svizzera
«Qui senza l’aiuto del mio Stato»
L’incidente, la musica, Valeria

Le parole del giovane tetraplegico che ha scelto il suicidio assistito: «Ringrazio chi mi ha sollevato da questo inferno di dolore». Il cocktail di farmaci ha prima addormentato il giovane e poi gli ha fermato il cuore nel giro di mezz’ora

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“Fabo è morto alle 11.40: ha scelto di andarsene rispettando le regole di un paese che non è il suo”: Marco Cappato ha annunciato su twitter la morte del giovane milanese rimasto tetraplegico e cieco in seguito a un incidente e che era arrivato in Svizzera per sottoporsi al suicidio assistito. Fabo, 40 anni compiuti da poco, aveva chiesto di poter morire al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Fabo, ha riferito Filomena Gallo dell’Associazione `Luca Coscioni´, si trovava in Svizzera nella clinica specializzata “Dignitas” nei pressi di Zurigo. Nelle ultime ore si era sottoposto alle visite mediche previste dai protocolli. «Sono finalmente arrivato in Svizzera e ci sono arrivato, purtroppo, con le mie forze e non con l’aiuto del mio Stato. Volevo ringraziare una persona che ha potuto sollevarmi da questo inferno di dolore, di dolore, di dolore. Questa persona si chiama Marco Cappato e lo ringraziero’ fino alla morte. Grazie Marco. Grazie mille». Questo era stato, questa mattina, l’ultimo messaggio che Dj Fabo, giunto nel Paese elvetico per il suicidio assistito, aveva lanciato su twitter. «Grazie a te Fabo», era stata la risposta di Cappato. In Svizzera ci sono anche la madre, la fidanzata e alcuni amici del giovane.

Cappato: «Ha morso un pulsante»

Fabiano Antoniani (questo il nome all’anagrafe di dj Fabo), tetraplegico e cieco in seguito a un incidente con la moto, aveva già passato le visite mediche preliminari. Il decesso è stato indotto da cocktail di farmaci che prima lo ha addormentato e poi gli ha fermato il cuore, una procedura che è durata circa mezz’ora. La legge elvetica autorizza da anni il cosiddetto “suicidio assistito”, vale a dire una prassi con la quale un malato terminale decide autonomamente di morire senza l’intervento diretto di un medico. Pratica diversa dall’eutanasia, che invece prevede una manovra da parte del personale sanitario. Dj Fabo «ha morso un pulsante per attivare l’immissione del farmaco letale: era molto in ansia perché temeva, non vedendo il pulsante essendo cieco, di non riuscirci. Poi però ha anche scherzato» ha riferito Cappato. Intanto è partita la campagna per rimettere in moto l’iter per la legge sul testamento biologico ferma in parlamento. «Sono accanto a Valeria e la stringo forte. Fabo ha avuto la sua scelta libera, purtroppo in Svizzera e non era il suo paese e mi dispiace». Lo ha detto all’agenzia Dire Mina Welby, la moglie di Piergiorgio Welby, morto nel dicembre del 2006 dopo una grave e lunga malattia. «I cittadini italiani dovrebbero essere vicini a lui e a Valeria- ha detto ancora Mina- Credo che, con me, si possa fare una battaglia per ottenere una legge sul testamento biologico, sulle disposizioni sui trattamenti sanitari. Spero che i cuori induriti della politica - ha aggiunto la signora Welby - ma anche dei laici, credenti o non credenti, si ammorbidiscano e capiscano che non possono continuare a infliggere ad altri quello che loro non vorrebbero, quello che dal loro punto di vista è più giusto».

Già 115 italiani hanno scelto la “dolce morte”

Secondo le cifre fornite dall’associazione “Luca Coscioni” dal 2015 sono già 115 gli italiani che hanno scelto di andare all’estero per sottoporsi al suicidio assistito , principalmente in Svizzera. “Ma alcuni di loro hanno poi cambiato idea “ specifica la portavoce Filomena Gallo, una volta giunte in clinica. In media sono ogni anno 50 gli italiani che scelgono la “dolce morte”. La legge svizzera prevede l’esame di una documentazione clinica, un colloquio con il paziente e, formalmente, un tentativo da parte della equipe medica di farlo desistere dal tentativo. Tentativo che nel caso di dj Fabo non ha sortito effetti. La procedura prevede poi la somministrazione di pastiglie anti emetiche (che prevengono conati di vomito) e, come atto finale, il cocktail di farmaci sciolto in un bicchiere di acqua. Nel caso in cui il paziente non sia in grado di compiere questa operazione, il farmaco viene fatto passare nell’organismo attraverso il sondino della nutrizione.

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