Da oggi i detenuti della colonia penale di Mamone potranno essere visitati in remoto grazie al Metaverso. L’innovazione è stata presentata oggi ed è la prima volta in Italia che viene testato un sistema simile. La prova è stata fatta con un “paziente X” e il medico psichiatra, Giuseppe Falchi, ha eseguito la visita a 54 chilometri di distanza, indossando il visore nella Casa della comunità San Francesco di via Demurtas.
Per questa fase iniziale psichiatria e fisiatria sono i due ambiti al centro del progetto, che in via sperimentale si pone l’obiettivo di migliorare l’efficienza dell’assistenza sanitaria negli istituti correttivi, abbattendo le barriere che troppo spesso lasciano isolati e affidati a sé stessi i detenuti. Questo consentirà: l’abbattimento delle liste d’attesa, il potenziamento delle attività specialistiche all’interno del carcere e la riduzione dei costi legati agli spostamenti.
Un passo nel futuro, ma anche un caso emblematico di come la tecnologia possa supportare e migliorare il sistema sanitario, in particolare in realtà periferiche, come le aree interne, in un momento storico in cui la carenza generalizzata di professionisti della sanità è molto sentita. L’avveniristico progetto di assistenza sanitaria ai detenuti è frutto della collaborazione tra la Asl di Nuoro, la casa di reclusione di Mamone, lo spin-off accademico Chain Factory, dell’Università di Cagliari, Dipartimento di Scienze economiche e aziendali e State1, società operante nel settore del Metaverso che negli ultimi mesi ha sviluppato un ambiente virtuale nel quale i detenuti possono incontrare i medici in uno spazio immersivo.
Da Mamone il direttore generale dell’Asl 3 di Nuoro, Paolo Cannas, accompagnato dal “padrone di casa”, il direttore della Colonia penale Vincenzo Lamonaca e dal professor Alessandro Spano, docente del dipartimento di Scienze economiche e aziendali dell’Università di Cagliari, vive la prima visita con il Metaverso. “La direzione strategica aziendale dell’Asl di Nuoro – spiega Cannas – ha da tempo messo in campo un’attività multimediale e digitale all’avanguardia (avviata con la telemedicina, che oggi ci consente di monitorare e seguire nel proprio domicilio 400 pazienti con scompenso cardiaco, con conseguente abbattimento dei ricoveri impropri) e non poteva non cogliere le importanti novità sul fronte di questa nuova tecnologia sul versante sanitario, partendo sperimentalmente con un progetto legato a pazienti di cui non sempre ci si ricorda: le persone ristrette in carcere, che, per prime in Italia, potranno beneficiare di questo strumento. Grazie al dottor Lamonaca e al professor Spano, e un grazie sincero a tutti gli attori coinvolti in questa nuova dimensione della sanità pubblica”.